Transizioni
Urbane a roma

Arbores / La ramificazione dei nuovi centri culturali

Polo Ex fienile

Testi: Davide Lunerti
Fotografie: Riccardo Ferranti

Per il quartiere di Tor Bella Monaca Polo Ex Fienile rappresenta un incubatore e catalizzatore di cambiamento sociale. Con lo scopo di includere le minoranze ghettizzate e promuovere l’empowerment dei residenti, il Polo ospita doposcuola, corsi di italiano, sportelli d’ascolto, tirocini, mostre, orti gestiti in collettività e corsi professionalizzanti. Un’oasi di verde immersa nella periferia romana, dove si coltivano amicizie interetniche, basate sull’ascolto e la fiducia, all’insegna del valore aggiunto della multiculturalità.

Dettagli

Anno: 2015
Indirizzo: Largo Ferruccio Mengaroni, 29
Direttivo: Associazione 21 Luglio, Tor Vergata, Associazione Culturale Psicoanalisti Contro
Intervistati: Lorenzo Natella, coordinatore Associazione 21 Luglio

LORENZO NATELLA

  • Com’è nato il vostro progetto? Perché aprire proprio in questa zona?

Il Dipartimento Patrimonio e Politiche abitative ha dato in concessione amministrativa questa struttura tramite un bando alla nostra ATS (Associazione Temporanea di Scopo) formata da Associazione 21 Luglio, Università Tor Vergata e l’associazione culturale Psicoanalisi Contro.
Così nasce Polo Ex Fienile, nel 2015, da una struttura che un tempo era agricola, abbandonata per lungo tempo e poi utilizzata per usi diversi in modo discontinuo. A rimetterlo in piedi è stata un’alleanza, grande punto di forza del Polo: una rete tra realtà che agissero su dimensioni diverse, che comprende la dimensione globale dell’università, quella periferica-comunitaria dell’Associazione 21 luglio, fino a quella intima individuale degli strumenti della psicologia (Psicoanalisi Contro), e come struttura ha funzionato, possiamo dirci soddisfatti.

  • Quali sono le vostre collaborazioni con le istituzioni? E con gli altri centri?

Con le istituzioni sono buone, anche se le nuove amministrazioni sono entrate solo da poco, sia a livello municipale che comunale. Abbiamo riscontrato, nonostante i pochi mesi, una disponibilità totale, anche a mettersi in gioco, che non è scontato da parte di un’istituzione. Nella fase precedente c’era molto meno dialogo, ma ora sembra essersi aperta una fase di costruzione.

Sul territorio collaboriamo bene anche con altri centri culturali. Siamo chiaramente in un quartiere molto attenzionato: dai media, dalla politica e dai finanziatori. Di conseguenza le risorse che vengono messe in campo sono tante, e questo può creare incomprensioni e piccole gelosie, ma i rapporti con gli altri centri sono generalmente sereni.
Facciamo parte di una rete più ampia di luoghi come questo che appartengono al quartiere, senza la quale molti progetti che facciamo non sarebbero nemmeno possibili. C’è un gruppo di associazioni che collabora spesso, di cui fa parte Libera, Tor Più Bella e altre. Qui vicino c’è anche Cubo Libro, con cui abbiamo lavorato diverse volte.
Gli istituti scolastici rispondono molto bene, sono reattivi e disponibili. Facciamo tirocini curriculari con Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre, di tutte le facoltà: Infermieristica, Scienze dell’Educazione, Servizio sociale, Scienze della Formazione, Lettere; del nostro team fa parte Piero Vereni, professore di Antropologia di Tor Vergata, quindi molti studenti vengono anche da quel canale.
Collaboriamo inoltre con il CSM, che ci manda volontari per le nostre attività.
Abbiamo anche ospitato mostre d’arte contemporanea di residenti del quartiere, come quella fotografica di Fabio Moscatelli.

  • Quali sono i profili che compongono il vostro team?

Innanzitutto crediamo nel valore della professionalità. Nel nostro team ci sono persone adeguatamente formate, motivate e ben equipaggiate per affrontare le differenti situazioni, anche complesse, che possono presentarsi qui al Polo. Assistenti sociali, operatori sociali, docenti, educatori, art educatori, maestri di musica, insegnanti di lingue, psicologi, professori e studenti universitari, senza dimenticare gli staff tecnici, che mandano avanti la baracca dal punto di vista amministrativo.
Un altro aspetto importante, secondo me, è la componente bottom-up: persone che sono o molto giovani, appena uscite dal sistema educativo, oppure attivisti, che hanno una storia dal basso. Per esempio in ambito abitativo e da contesti di esclusione, come attivisti rom, anche per dare una rappresentanza. Da noi c’è Nedzad Husovic, ad esempio, soprannominato “Pio”, uno dei nostri educatori di punta, un attivista di lunga data nonostante abbia solo 24 anni.
In totale siamo circa una ventina, esclusi quelli a titolo volontario, tirocinanti, professionisti… il numero esatto varia di settimana in settimana.

  • Che tipo di rapporti si sono instaurati nel tempo con il vostro pubblico? Quali sono stati i progetti che hanno riscontrato più partecipazione attiva?

C’è uno spartiacque che è quello della pandemia, quando il Polo si è avviato a diventare un punto di riferimento per il quartiere, per un gruppo di residenti in maggioranza composto da donne. Sulle donne dei quartieri popolari infatti grava tutto il peso della cura famigliare. Nel contesto pandemico, si sono fatte promotrici di reti di cura comunitarie, che qui al Polo sono state convogliate in qualcosa di molto positivo. Abbiamo chiamato un’ostetrica per strutturare dei pacchi bebè, per tenere dei corsi pre-parto e post-parto, che hanno portato a un avvicinamento progressivo.
Abbiamo avviato in quel momento lo sportello d’ascolto, dal quale è emerso un intero mondo di esigenze. Abbiamo sopperito alla carenza di asili nido con il nostro spazio playhub, fondamentale per permettere alle mamme di seguire il nostro corso di italiano.
E poi l’altro grande progetto è l’officina dei talenti, il nostro doposcuola, portato avanti secondo la metodologia didattica delle intelligenze multiple, per la quale ogni bambino ha un talento, anche se non è quello che il sistema scolastico si aspetta da lui.
Andiamo ad agire dove le istituzioni non ci sono, ma non vogliamo sostituirci a loro, il dialogo serve a quello. Vogliamo un futuro in cui non serviamo più.

  • Quanto è importante proporre linguaggi multidisciplinari nel vostro spazio?

L’officina dei talenti è la risposta più ovvia: un doposcuola totalmente multidisciplinare, in cui si fa didattica con lo sport, con la danza, la musica, l’arte; c’è una sala prove e una sala break, una palestra dove si fa break dance, con un insegnante bravissimo.
La nostra offerta è pienamente multidisciplinare, non solo per i bambini ma anche per gli adulti. Ci sono delle donne che si sono avvicinate per il corso d’italiano, oppure perché venivano a prendere i pacchi bebé, e ora si riuniscono in un gruppo che si autogestisce, in un esempio di empowerment totale.
Hanno organizzato eventi, o sottoeventi all’interno di nostri, dei corsi, ad esempio il corso di arabo, da parte di una mamma che frequentava il corso di italiano e che ha deciso di insegnare in cambio l’arabo, per studenti universitari, per persone che lavorano qui, o vicini del quartiere, o vecchiette che si avvicinavano per curiosità, e quindi tutto questo poi genera una sorta di contaminazione.

  • Quali sono gli strumenti che utilizzate per comprendere le problematiche del territorio? Com’è cambiata nel tempo la gamma di servizi che offrite?

Per noi ogni intervento è sempre preceduto da una parte di ascolto, spesso attraverso il nostro sportello, di analisi, quantomeno della comunità che frequenta il Polo.
Una volta, dopo aver proposto un questionario a fini di ricerca, un’indagine delle competenze e dei bisogni, è emersa la necessità di un corso di parrucchiera, perché è un mestiere che viene fatto diffusamente ma in maniera informale in questo quartiere. Quello che chiedevano era di avere gli strumenti per iniziare a farlo professionalmente. Non l’avremmo mai scoperto senza un’indagine conoscitiva.
Infine c’è un grosso progetto di ricerca che abbiamo concluso e che tra poco presenteremo: è una ricerca che deriva dall’esperienza dei campi rom di Associazione 21 luglio, la prima fatta in questo modo su Tor Bella Monaca, perché totalmente al femminile, dall’inizio alla fine. È composta da ricercatrici, collaboratrici e donne che frequentano il Polo, formate per poter proporre interviste nelle comunità di riferimento. Anche l’argomento stesso della ricerca, Tor Bella Monaca, è analizzato da una prospettiva di genere, e ne siamo molto orgogliosi.

  • Avete svolto un laboratorio sulle diverse concezioni di centro e periferia di Roma, che si è concluso con una pubblicazione dal nome “Glocalismo di Tor Bella Monaca”. Quali idee ne sono emerse? Come si integrano nell’esperienza di Polo Ex Fienile?

È un laboratorio composto da un gruppo di studenti tirocinanti degli atenei romani (Sapienza e Tor Vergata), e guidati da alcuni professori, in particolar modo Piero Vereni. La loro ricerca ha prodotto il volume “Glocalismo di Tor Bella Monaca”, che osserva come i quartieri di Roma si comportino come zolle tettoniche in allontanamento, quindi ognun per sè, e difficilmente c’è una dimensione romana che prevale. Studenti, professionisti, semplici cittadini e attivisti in modo particolare vivono, sentono e agiscono l’identità dal punto di vista del quartiere e poi dal punto di vista globale.
Ci sono però degli spazi in cui c’è sperimentazione inversa, cioè dove si cerca di dare un’identità territoriale più ampia, romana e metropolitana. Polo Ex Fienile fa parte di questi spazi: da noi vengono persone da tutta Roma, dai quartieri di Roma Sud e Nord, e poi dai quattro angoli del mondo, senza escludere la dimensione locale né quella globale. Qui si fanno cene in cui si mangiano cibi dai 4 continenti, e allo stesso tempo si crea un’identità romana fatta dalle multiculturalità.

  • Nelle vostre iniziative coinvolgete senza discriminazione cittadini di molteplici origini culturali ed etniche. Quali sono le risorse, ma anche le difficoltà, che sono sorte dal confronto fra culture diverse?

L’aspetto della multiculturalità è soverchiante. Chiaramente il quartiere lo offre da sé, perché viene attraversato dai movimenti migratori di tutto il mondo, come qualsiasi altra periferia.
Le diffidenze sono tante, anche all’interno delle comunità straniere. Le grandi liti globali qui si replicano in piccolo, perché ci sono cristiani, musulmani…
Però il processo esiste: ospitiamo ad esempio i “mondi di mamme”, incontri fra donne di provenienza e cultura diversa, dove si intavolano discussioni a partire da una problematica comune. All’inizio era divertente anche assistere a delle provocazioni giocose, tra religioni diverse, perché parliamo di mamme che nella vita hanno ben altre preoccupazioni che farsi la guerra di religione. Da quelle nascevano poi delle conversazioni, e parlando si iniziavano a smontare i pregiudizi. È un processo lungo, ci vuole tempo, convinzione e le figure giuste.
Da lì sono nate comunità e amicizie interetniche, che insieme organizzano eventi, come Ex Fienile Festival. Persone di origini diverse: Est Europa, nord Africa, Africa sub-sahariana, che hanno affrontato anche le loro difficoltà, perché hanno capito che non è così facile collaborare tra persone di diversa cultura, ma l’hanno fatto. Hanno realizzato degli eventi e lo hanno fatto insieme, come un gruppo composito.