Transizioni
Urbane a roma

Arbores / La ramificazione dei nuovi centri culturali

Officine zero

Testi: Davide Lunerti
Fotografie: Riccardo Ferranti

Un makerspace che riunisce sotto lo stesso tetto artigiani professionisti di falegnameria, elettronica e lavorazione del metallo, attenti al riuso intelligente dei materiali e alla contaminazione tra diversi saperi artigianali. Officine Zero accoglie nella sua confortevole area comune, allestita con lavori di design autoprodotti, chiunque voglia cimentarsi nel recupero di mobili danneggiati o di oggetti d’antiquariato, al fine di generare consapevolezza ecologica e processi di economia circolare nel quartiere di Conca D’Oro.

Dettagli

Anno: 2019
Indirizzo: Via Monte Patulo, 20
Intervista: Alessandro Splendori

  • Com’è nato il vostro progetto? Perché aprire proprio in questa zona?

Il nostro progetto nasce nel 2013 a Portonaccio, dall’occupazione delle ex Officine RSI treni notte.
Nel 2019 siamo usciti da quel luogo, in seguito a una trattativa con il privato compratore e con le istituzioni locali. Dall’autunno del 2019 siamo arrivati a Conca d’oro, dove abbiamo preso un laboratorio vuoto da tempo in affitto, l’abbiamo sistemato, messo a norma e nel 2021 l’abbiamo aperto ai lavoratori interessati.
Siamo finiti qui un po’ per caso (è molto difficile trovare spazi laboratoriali decenti a Roma, nonostante ce ne siano tantissimi in disuso) ma ci è piaciuta tantissimo la zona, piena di laboratori e negozi storici, vicina alle scuole e alla metropolitana.

  • Quali sono le vostre collaborazioni con le istituzioni? E con gli altri centri culturali?

Abbiamo un dialogo aperto con la regione Lazio, ma finora siamo stati concentrati sulla sistemazione del nostro spazio di lavoro. Adesso ci riaffacceremo da loro e faremo capolino anche con Comune e Municipio. Ci interessa interfacciarci con chi governa il territorio.
Vogliamo interagire con tutte le esperienze sociali e culturali che svolgono la loro attività nel territorio e comunque a Roma. In questo momento vogliamo principalmente ascoltare, capire cosa si muove, se c’è qualcosa di interessante che ci permetta di mettere le nostre competenze a disposizione.

  • Quali sono i profili che compongono il vostro team?

OZ Officine Zero è una multifactory, una sorta di coworking di artigiani e freelance, con un gruppo più assiduo nella presenza e nella progettualità che si occupa di gestione, manutenzione, comunicazione, design di prodotti e di servizi.
Ci occupiamo di riuso, economia circolare, economia collaborativa e rigenerazione urbana, senza trascurare la tematica del lavoro autonomo che ci coinvolge tutti in prima persona. Trattando queste tematiche come gruppo da parecchio tempo, abbiamo implementato i nostri profili individuali anche con gli spunti che da esse ci arrivavano e ci arrivano tuttora.

  • Che tipo di rapporti si sono instaurati nel tempo con il vostro pubblico? Quali sono stati i progetti che hanno riscontrato più partecipazione attiva?

Nel lungo tempo che ci ha visti “chiusi” a lavorare sullo spazio abbiamo un po’ trascurato il nostro pubblico tradizionale, che ci seguiva quando eravamo a Portonaccio.
Per cui si può dire con onestà che stiamo ricostruendo da alcuni mesi questo rapporto, cosa che abbiamo fatto con l’evento di inaugurazione (Efflorescenze, novembre 2021) e con l’avvio delle attività di workshop tra dicembre e gennaio. È un po’ presto per fare un bilancio, ma la partecipazione che c’è stata ci fa ben sperare.

  • Quanto è importante proporre linguaggi multidisciplinari nel vostro spazio?

È vitale.
Ci sono ben 5 laboratori diversi, ci sono artigiani di molti settori, ci sono artisti, ci sono freelance. nulla è scontato in un contesto come questo, ma tutto è stimolante.

  • Ci sono dei progetti che avevate ideato ma che poi non sono stati realizzati? Per quali motivi?

Recentemente abbiamo partecipato a un bando per la riqualificazione urbana di un’area di Val Melaina chiamata “Villaggio Angelini”, che prevedeva un percorso di riapertura graduale dei locali commerciali di proprietà di FS ormai vuoti da anni.
Purtroppo, semplicemente, non abbiamo vinto, ma vorremmo tentare altre strade per riuscire nel nostro intento in futuro, perché è una zona interessante storicamente per questo quadrante di Roma.

  • Avete dato la possibilità ad artisti o designer, grazie ai vostri strumenti e le vostre competenze, di realizzare i propri progetti?

Alcuni designer e artisti lavorano stabilmente a OZ.
Recentemente ci è capitato di aiutare un laureando in Design nella realizzazione dell’oggetto della
sua tesi.

  • In che modo operate nella rigenerazione urbana della città?

Il nostro approccio è sia teorico che pratico.
Stiamo tenendo un workshop, proprio in queste settimane, sulla storia e l’evoluzione (o involuzione?) della città nel ‘900 e nei primi anni del 2000, con lo scopo di parlare di urbanistica quando solo pochi specialisti lo fanno.
E intendiamo mettere a terra dei progetti concreti, che prendano spunto dalle esigenze e dalle mancanze nei territori e al contempo ne valorizzino le esperienze associative, cooperative, piccolo-imprenditoriali che rappresentano il vero tessuto connettivo di Roma.

  • Quali cambiamenti sociali mirate a innescare nel territorio con la vostra iniziativa? Cosa pensate sia cambiato da quando avete aperto?

Deve cambiare tutto.
Il rapporto dell’amministrazione con chi propone progetti interessanti, con chi fa spesso da anni un prezioso lavoro di cerniera sociale e tende la mano alle marginalità.
La burocrazia, perché i bandi devono essere più snelli e perché non devono essere l’unico modo di accedere a spazi e risorse, offrendo un rilievo maggiore agli impatti reali, sociali e culturali, invece che ad altri fattori tutti formali.
E il territorio, soprattutto chi in esso anima iniziative e progetti, deve “imparare” davvero come funziona la macchina amministrativa e deve emanciparsi da un rapporto di sudditanza con la politica: ci sono cose che la politica DEVE fare, non può scegliere secondo i propri capricci di appoggiare o lasciare nel dimenticatoio.