Transizioni
Urbane a roma

Arbores / La ramificazione dei nuovi centri culturali

IUNO 

Testi: Davide Lunerti
Fotografie: Riccardo Ferranti

Spazio critico per l’arte contemporanea, IUNO è frutto di una lunga amicizia tra due grandi curatrici, Cecilia Canziani e Ilaria Gianni, ed è al contempo residenza di scrittori d’arte, spazio espositivo, di dibattiti di approfondimento e di formazione dei più piccoli. La scelta del nome IUNO deriva da Giunone, dea romana della fecondità, che condivide le sue radici iconografiche con una moltitudine di religioni pagane, tracciando tra culture lontane un legame sotteso. La realtà di IUNO vuole essere contraddistinta dalla lentezza, la lentezza della metabolizzazione e della sedimentazione del sapere, del perdersi nella spirale di una conversazione.

Dettagli

Anno: 2021
Indirizzo: Via Ennio Quirino Visconti, 55
Direttivo: Cecilia Canziani e Ilaria Gianni (poi Coordinamento curatoriale: Giulia Gaibisso; Comitato scientifico: Daniele Balicco, Adrienne Drake e Chiara Camoni)
Intervista: Risposta collettiva: Cecilia Canziani e Ilaria Gianni

CECILIA CANZIANI E ILARIA GIANNI

  • Com’è nato il vostro progetto? Perché aprire proprio in questa zona?

Abbiamo lavorato insieme per molto tempo come co-direttrici di Nomas Foundation; finita quell’esperienza abbiamo continuato a guardare l’una all’altra. Quando abbiamo sentito il desiderio di aprire uno spazio che fosse nostro ci è sembrato naturale farlo insieme, in fondo è una prosecuzione di un percorso iniziato tempo fa e che ora prosegue con una diversa consapevolezza.

Avevamo l’opportunità di stanziarci in un appartamento in zona Prati e abbiamo pensato fosse una zona interessante nel quale costruire un centro di ricerca sull’arte contemporaneo, aggiungendo un tassello a realtà esistenti nel quartiere come BASEMENT Roma, l’Archivio Alighiero Boetti, l’Archivio Kounellis (per nominarne alcune), ma abbiamo pensato subito anche all’eredità di Beat 72, a 100 metri dal nostro portone.
Infine, non abbiamo che potuto considerare la comodità dei mezzi pubblici di trasporto che raggiungono Prati, nel rispetto della fruizione del nostro pubblico.

  • Quali sono le vostre collaborazioni con le istituzioni? E con gli altri centri?

Siamo davvero all’inizio, ma IUNO è parte di un ecosistema: il nostro approccio è sempre stato dialogico e in questo momento ci sembra ancora più importante essere interdipendenti, capaci cioè di creare relazioni tra soggetti diversi: istituzioni e centri di produzione, pubblico e privato, teoria e pratica.

  • Quali sono i profili che compongono il vostro team?

Siamo due curatrici con interessi simili e il giusto grado di differenze, e quindi i profili che ci interessano partono da un lato da una risonanza – perché ci è necessario partire da un approccio condiviso – e dall’altro da sguardi e competenze del tutto diverse perché questo ci porta in territori per noi nuovi. Il nostro team “allargato” è in continuo divenire e si forma di volta in volta attraverso i progetti che portiamo avanti.
Al momento ci affiancano una medievista di formazione, convertita al contemporaneo, e una fashion designer che dopo l’incontro con la Teoria dell’arte a Londra e la Storia dell’arte in Italia ha intrapreso una sua pratica artistica ibrida. E gli amici che abbiamo voluto al nostro fianco come comitato scientifico: artisti, curatori, accademici.

  • Che tipo di rapporti si sono instaurati nel tempo con il vostro pubblico? Quali sono stati i progetti che hanno riscontrato più partecipazione attiva?

Potremo rispondere tra qualche mese, al momento possiamo però dire che l’idea di lavorare in controtendenza con il nostro tempo, invocando lentezza, tempo, sedimentazione ha riscontrato molto interesse.

  • Quanto è importante proporre linguaggi multidisciplinari nel vostro spazio?

Molto, fa parte del nostro approccio guardare al mondo attraverso il filtro dell’arte ma per poter mettere meglio a fuoco il nostro tempo, la nostra forma di vita.

  • Ci sono dei progetti che avevate ideato ma che poi non sono stati realizzati? Per quali motivi?

Certo, e speriamo ce ne siano sempre di più, perché è segno di vitalità e del nostro dialogo: immaginiamo sempre di poter realizzare molti più progetti di quanto tempo e forze ci consentano!

  • Da cosa deriva la scelta di offrire residenze specificatamente per scrittori d’arte?

Perché non c’era, e ora c’è. E per il lusso di poter passare del tempo significativo con alcune delle persone che scrivono attraverso l’arte, e di arte, e con l’arte, che ci piacciono di più.

  • Come introducete all’arte contemporanea le fasce d’età più piccole?

Senza mediazioni, semplicemente aprendo uno spazio in cui artisti e bambini possono trovarsi su un piano di reciproca curiosità e rispetto. Ogni laboratorio ha al centro l’esperienza dell’incontro con la materia e offre il giusto tempo perché possa essere esplorata e condivisa con altre persone al di fuori del giudizio.

  • IUNO promuove progetti di ricerca che nascono da conversazioni e incontri sull’arte. Potete nominarci qualche esempio?

Conversare in presenza è una forma altissima di attenzione: si ascolta, si parla, si modula il proprio pensiero al vivo, dentro una relazione e dentro un processo. Quest’anno il tema attorno al quale ragioniamo è il “selvatico”, inteso in maniera larga, come ciò che non si fa domare. Il primo seminario lo abbiamo dedicato a Franco Fortini, figura poco nota anche agli artisti, ma fondamentale per ripensare alcune posture del mondo di oggi. Continuiamo con un seminario sulla ‘Doppia luce’ di Gianantonio Gilli che da anni ragiona assieme a gruppi di artisti su concetti legati all’idea di luogo e di rito, e poi abbiamo coinvolto Chiara Camoni e Michele Tocca, a guidarci in un percorso che ci porta da una dimensione ctonia a una più celeste.