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Arbores / La ramificazione dei nuovi centri culturali

AlbumArte

Testi: Davide Lunerti
Fotografie: Riccardo Ferranti

AlbumArte si è consolidato nel tempo come spazio indipendente d’arte contemporanea di riferimento. Nato da un’iniziativa di Cristina Cobianchi, ha alle spalle una folta programmazione di mostre, oltre a presentazioni di libri d’arte e dibattiti di sensibilizzazione sociale, con un impegno particolare riguardo la violenza di genere. Con entusiasmo, esperienza e spessore critico, AlbumArte incoraggia e supporta il lavoro di artisti e curatori emergenti, romani e internazionali, da ormai più di dieci anni.

Dettagli

Anno: 2013
Indirizzo: Via Flaminia 122
Direttivo: Cristina Dinello Cobianchi (fondatrice), Marta Bracci (coordinatrice)

CRISTINA DINELLO COBIANCHI

  • Com’è nato il vostro progetto? Perché proprio in questa zona?

L’esperienza di AlbumArte nel contemporaneo è iniziata nel 2011 a Istanbul, quando, da collezionista, ho iniziato a interessarmi più profondamente al processo della ricerca artistica, decidendo di sostenere artisti italiani all’estero. Lì realizzavamo mostre, screening video e residenze, impegnandoci a formare una rete di connessioni utile per l’artista, fornendo contatti essenziali e una mappatura degli spazi espositivi del territorio. Nel 2014 abbiamo reso il nostro ufficio operativo di Roma spazio espositivo, grazie a uno sponsor privato, la IRI Real Estate – Istituto Regionale Immobiliare di Roma, che ci ha supportato nella ristrutturazione.

        Iniziamo come “spazio indipendente”, format allora non molto conosciuto, ma direi che, dopo i primi dieci anni molto intensi e proficui, oggi ci stiamo trasformando in un Centro di produzione di cultura e arte indipendente che si occupa di artisti giovani ed emergenti italiani e stranieri, in grande ascolto delle nuove ricerche italiane ed internazionali e con particolare attenzione agli artisti e le artiste del territorio. Oltre alle mostre, ad AlbumArte, è sempre aperto il dibattito critico su temi di arte e attualità. Facciamo una ricerca molto utile al sistema dell’arte, perché non sempre un/una artista giovane può arrivare in un museo e un centro come il nostro diventa un momento importante per il suo percorso. Oltre a tantissimi artisti/e, abbiamo coinvolto molti curatori e curatrici giovani o già affermati/e.

  • Quali sono le vostre collaborazioni con le istituzioni? E con gli altri centri?

 Abbiamo collaborato con moltissime istituzioni italiane e straniere, come la Galleria Nazionale, il MAXXI, l’Institut Français, la Real Academia de España, l’Accademia di Romania, gli Istituti Italiani di Cultura di Istanbul e Praga, la Cité Internationale des Arts di Parigi, il Mondriaan Fonds, il Ministero della Cultura Slovacco, l’IILA Organizzazione internazionale italo – latino americana, il Lithuanian Council for Culture, il Nordic Artists’ Centre Dale (Norvegia), il MIBACT (ora Ministero della Cultura), la Biennale di Istanbul, la Quadriennale di Roma, l’Ufficio Affari Culturali del Comune di Parigi, oltre a varie associazioni locali contro la violenza sulle donne, come Lucha y Siesta.

Nel 2017 siamo stati i primi in Italia ad essere invitati alle riunioni internazionali di ARTISTS AT RISK, un’associazione internazionale no profit che si occupa degli artisti costretti a scappare dai loro Paesi per motivi politici, che protegge, cercando di attivare quella rete necessaria di relazioni di cui abbiamo parlato, oltre che di supporto psicologico.

  • Quali sono i profili che compongono il vostro team?

Molti evidenziano che cerchiamo di scegliere gli artisti e i curatori, senza discriminazione di genere, perciò abbiamo avuto molte artiste e curatrici donne.

Il team organizzativo è composto, oltre che da me, da Marta Bracci, che coordina i progetti; il Comitato Scientifico, composto da Cristiana Perrella, Adriana Polveroni e Paola Ugolini; tirocinanti, regolati dai rapporti che abbiamo con le principali università e un’intera comunità di artisti e curatori che fa parte di AlbumArte, partecipando alle attività e fornendo spunti di riflessione per nuovi progetti.

Nel nostro progetto editoriale All Boom Arte. Artisti/e italiani/e ad AlbumArte 2011-2020, da me curato, vincitore dell’Italian Council e presentato in importanti istituzioni in Italia e all’estero, abbiamo raccontato l’esperienza di dieci anni di attività. Per la presentazione al MAXXI, abbiamo invitato artisti e curatori, a descrivere AlbumArte con tre parole in un video e le parole più nominate sono state, impegno, coerenza, donna, comunità, coraggio, casa delle idee.

Siamo un luogo di pensiero libero, che è nato in tempi che erano difficili per la città e ha protratto la sua attività in tempi ancora più complicati, un luogo fisico e mentale, che è stato ed è un bel riferimento per il confronto e per la comunità intellettuale ed artistica.

  • Che tipo di rapporti si sono instaurati nel tempo con il vostro pubblico? Quali sono stati i progetti che hanno riscontrato più partecipazione attiva?

        Tutte le nostre attività sono gratuite e aperte al pubblico che è sempre stato attento, variegato e numeroso fin dall’inizio della nostra storia. La partecipazione è costante, ma certo è senz’altro più consistente quando presentiamo artisti del territorio. Anche la video arte, che da sempre è considerato di nicchia, ci ha dato grandi soddisfazioni.

  • Quanto è importante proporre linguaggi multidisciplinari nel vostro spazio?

Questa porta che abbiamo e che dà sulla strada ne è proprio un simbolo, no? È una porta aperta, che dice: “siamo pronti alla contaminazione delle idee e delle ricerche.”

Non ospitiamo solo ibridazioni fra linguaggi artistici: da noi c’è anche l’impegno di integrare dibattiti sui problemi sociali che attraversano la città e il Paese, come ad esempio il nostro Donne (non più) anonime. Confronto sul femminicidio, che è ideato, diretto e curato da Daniela Trincia. Abbiamo realizzato incontri e confronti molto interessanti sull’argomento con la partecipazione di specialisti, giuristi, psicologhe, sociologhe, attiviste, associazioni e artiste che si occupano di violenza sulla donna come Silvia Giambrone e Teresa Margolles.

Opere prodotte nei nostri progetti sono entrate in collezioni di rilievo come Istanbul City Hills-On the Natural History of Dispersion and States of Aggregation (2013) di Margherita Moscardini (nella collezione permanente del MAXXI) e Archivio (Tappeto) (2014) di Flavio Favelli nella collezione Yapı Kredi Kültür Sanat Fondation.

       Abbiamo ospitato una mostra sull’ intelligenza artificiale e siamo stati i primi a farlo come privati. Quest’anno presenteremo anche i progetti di cui siamo Partner culturali, vincitori dell’Italian Council.

Cerchiamo appunto di trasmettere le cose che succedono per strada, oltre che nella sfera artistica, tenendo sempre in considerazione sia la qualità che il rigore delle proposte.

  • Da molti anni ad AlbumArte ospitate incontri e interventi sul tema del femminicidio, invitando artiste ma anche ricercatrici, psicologhe, attiviste. Sono nate delle iniziative a seguito di queste esperienze?

         Il progetto Donne non più anonime è nato spontaneamente quando uno dei tanti giorni in cui avevano ammazzato una donna, io e Daniela Trincia abbiamo deciso che avremmo dovuto fare con urgenza qualcosa. Lei ha avuto questa idea di un insieme di incontri con un confronto – dibattito. Dopo i primi due appuntamenti, sollecitate dagli stessi protagonisti di quei due primi incontri, abbiamo deciso di portare avanti il progetto che si è articolato in varie proposte di confronto.

         Un giorno una quarantenne intellettuale del mondo dell’arte, mi ha detto perché parlate di femminicidio? È un termine così brutto, basta dire che parlate di violenza! Naturalmente le ho fatto una piccola lezione in piedi tra la folla e forse ha capito, ma ho pensato che se lo pensa anche lei, giovane e preparata, che possa essere solo generica violenza, è meglio allora parlarne il più possibile, perché si capisca bene il significato della parola femminicidio, perché già capendone il significato, in qualche modo si va avanti, perché capirlo a tutti i livelli è fondamentale per cominciare a debellarlo.

  • Durante tanti anni di attività, quali sono state le difficoltà più grandi che avete dovuto affrontare?

Non ci sono grandi difficoltà, c’è una grande forza delle idee e una ferma convinzione. Troverei giusto però che ci fossero fondi pubblici continuativi per gli spazi indipendenti, perché la loro importanza è sempre maggiore nel sistema dell’arte.

Un piccolo sostegno continuativo servirebbe, altrimenti bisogna trovare persone come me, che agiscono con una forma di mecenatismo. Un mecenatismo che non so fino a quanto potrà essere sostenibile, visto la profonda crisi economica e il futuro incerto.

           In Italia l’attenzione su queste realtà si è intensificata in questi ultimi anni, ma in Europa e nel resto del mondo occidentale, gli spazi indipendenti sono stati a lungo studiati attraverso ricerche accademiche e scientifiche, specialmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove essi hanno una grande importanza all’interno del sistema dell’arte. Per esempio, la stessa Cecilia Alemani, curatrice della Biennale di Venezia del 2022 e del Padiglione Italia nel 2017, proviene dal mondo degli spazi indipendenti no profit. In Germania queste realtà sono interamente supportate dallo Stato attraverso i Landër e per gran parte delle loro necessità, anche in Francia e Irlanda. 

Riguardo ai bandi per le realtà no-profit che ci sono, in alcuni casi è necessario adattarsi molto, e quindi tanti spazi preferiscono non concorrere, per non compromettere la loro indipendenza, anche se bandi come l’Italian Council lasciano piena libertà, per esempio. Gli investitori privati, come le banche, dovrebbero rendersi più conto delle identità degli spazi no-profit, perché i bandi che propongono non sono rappresentativi di queste realtà, insomma bisognerebbe trovare un compromesso intelligente tra investimento e rischio, che comprenda le esigenze di un’arte libera no profit. 

        Le ricerche accademiche parlano dei centri di ricerca artistica indipendente come elemento importante nella scena artistica contemporanea in continua evoluzione, quale funzione nel percorso e nella formazione degli artisti giovani. Si rivelano come incubatori delle carriere artistiche emergenti. Offrono possibilità di percorsi di formazione artistica sperimentale. Sono luoghi di costruzione, ascolto e confronto. Permettono una partecipazione attiva e un’inclusione sociale diretta senza sminuire l’aspetto della visione artistico – creativa, È importante, infine, sottolineare l’aspetto assolutamente laico della ricerca indipendente, in un certo modo anarchica, perché non è sottoposta agli inscatolamenti del riscontro economico o di strutture aziendali.

Perciò lunga vita alla ricerca indipendente!